Tullio D’Aponte è figura eminente dell’Università Federico II e del repubblicanesimo napoletano. Se lo conosco bene, come credo, e a meno che non stia attraversando un momento particolare, non si sarebbe mai speso solo per criticare il servizio “indecente”, che più indecente non si può, della mobilità della nostra città come parrebbe dal suo recente articolo apparso su il Mattino del primo Maggio “Servizi Indecenti non servono maghi né geni ma abilità politica”.
A ben leggere, forse, in modo raffinato, si è servito solo della scandalosa condizione del trasporto pubblico per indicare altro. L’allievo di Francesco Compagna afferma infatti, cito testualmente, “lasciamo perdere geni e maghi e discutiamo di politica e di esigenze concrete dell’utenza”. E sente addirittura la necessità di estraniare il concetto della “politica” dai personaggi, quando afferma, cito ancora testualmente, “Ben conoscendo moralità ed alta professionalità di Sindaco ed Assessore”. A mio sommesso avviso D’Aponte solleva con il suo articolo la grave e cronica mancanza di un dibattito politico vero che responsabilizzi la classe politica e la coinvolga con il sentire della gente. Questo obiettivamente manca, da molto e forse da troppo tempo, fatto salvo il rosario settimanale e le connesse litanie lauretane del governatore. Tralasciamo per un momento dove si forgia la visione politica, chi ne siano i mastri d’ascia e non ultimo gli uomini di bottega: il Comune di Napoli fa politica o si limita ad un ruolo di “gestione condominiale” nel contesto della Regione e dello Stato Centrale? Questo parrebbe essere il nocciolo del ragionamento di D’Aponte quando si chiede “discutiamo di politica e di esigenze concrete dell’utenza” e ovviamente non solo collegate al “particulare” del servizio “indecente” dei trasporti pubblici della Città.
Così la vicenda a sua volta “indecente” delle barelle del Pronto Soccorso dell’Ospedale Cardarelli potrebbe essere addirittura un corollario del ragionamento di D’Aponte da cui siamo partiti “lasciamo perdere geni e maghi e discutiamo di politica e di esigenze concrete dell’utenza”. Quella delle barelle è la tangibile evidenza di una mala-organizzazione per mancanza di visione politica nella Sanità Pubblica e di una gestione a dire poco autarchica e centralista della Regione. Andrebbe forse ricordato a questo punto il ruolo primario e centrale che ha e dovrebbe avere il sindaco nella della salute del cittadino della sua città. Il Sindaco e il suo Assessore, non per onore di firma, hanno la partecipazione attiva alla stessa organizzazione sanitaria del territorio che amministrano, ivi comprese le abrogazioni, l’istituzione, le conversioni dell’offerta sanitaria, le attività di prevenzione e di assistenza territoriale ospedaliera. E si badi sono proprio queste ultime che più hanno sofferto a causa delle riconversioni per far fronte all’emergenza COVID che pare abbia poco insegnato. La pandemia Covid ha messo a nudo le gravi falle del sistema sanitario. Voci autorevoli hanno indicato il non contenimento della pandemia soprattutto, guarda caso, nelle gravi carenze della medicina territoriale. Così oggi come oggi questa bizzarra abdicazione potrebbe valicare i confini del recinto della semplice subalternanza istituzionale per assumere almeno quelli della culpa in vigilando. Il sindaco Manfredi ha ancorato la sua elezione ad un “Patto per Napoli”. E’ forse il momento di fare chiarezza. E’ il momento di affrontare il rapporto che regola Stato/Regione/Comune e, se fosse questo, ci sarebbe da riscriverlo.
Forse è giunto il momento di fare politica, come appunto diceva D’Aponte.