Si tratta a prima vista di una notizia certamente sconsolante.
Secondo la classifica stilata nel Giugno 2019 da Reporters sans Frontieres l’ Italia precede nell’area Euro solo Cipro, Grecia e Bulgaria e occupa il poco invidiabile 77° posto generale,
L’Italia perde addirittura quattro posti rispetto alla stessa classifica stilata nel 2015.
Il rilevamento fa riferimento esclusivamente sulla figura del giornalista in quanto individuo, cioè solo sulle minacce di morte o intimidazioni subite dagli stessi nonché ai processi giudiziari cui gli stessi sono sottoposti.
Il rilevamento non fa alcun riferimento alla credibilità del giornalista, in quanto professionista, e neanche alla terzietà del sistema editoriale di cui fa parte.
Questo probabilmente sarebbe un altro indice importante da collegare alla “libertà di stampa”.
Eppure il nostro Paese per anni ha visto editi a stampa giornali addirittura definiti “organo del partito” come Il Popolo, L’Unità, la Voce Repubblicana, l’Avanti alcuni dei quali oggi ancora esistenti come la Padania, il Secolo d’Italia.
E’ difficile intravedere in qualcosa definito “organo del partito” il concetto “pieno” di libertà di stampa a meno che con questi si intenda che ciascuno dice la sua e a modo suo.
E che dire del Sole 24 ore edita dal Gruppo 24 ORE, di cui Confindustria è proprietaria e poi “Avvenire” organo della CEI (Conferenza Episcopale Italiana).
Per non parlare delle concentrazione di testate nelle mani gruppi editoriali dai molti interessi e anche delle trasmissioni Radio Televisive, come Mediaset e la 7tv.
Per non tacere del finanziamento pubblico, diretto o indiretto, dei giornali.
Senza dimenticare che nello sfondo c’é l’anomalia tutta italiana della RAI che grazie al Premier Renzi addirittura riceve un canone indiretto “elettrificato”.
In questo scenario sono patetici i ricorrenti tentativi di fare tacere i “blogger” con varie motivazioni.
Diciamo la verità forse quel 77° posto forse è legittimo per non dire generoso a prescindere i criteri adottati.